Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Luogo magnifico destinato per le publiche udienze con trono da un lato. Veduta in prospetto della città di Cartagine che sta in atto edificandosi.
 
 ENEA, SELENE, OSMIDA
 
 ENEA
 No principessa, amico,
 sdegno non è, non è timor che muove
 le frigie vele e mi trasporta altrove.
 So che m'ama Didone,
5purtroppo il so, né di sua fé pavento,
 l'adoro e mi rammento
 quanto fece per me. Non sono ingrato
 ma ch'io di nuovo esponga
 all'arbitrio dell'onde i giorni miei
10mi prescrive il destin, voglion gli dei.
 E son sì sventurato
 che sembra colpa mia quella del fato.
 SELENE
 Se cerchi al lungo error riposo e nido
 te l'offre in questo lido
15la germana, il tuo merto e il nostro zelo.
 ENEA
 Riposo ancor non mi concede il cielo.
 SELENE
 Perché?
 OSMIDA
                  Con qual favella
 il lor voler ti palesaro i numi?
 ENEA
 Amici, a questi lumi
20non porta il sonno mai suo dolce oblio
 che il rigido sembiante
 del genitor non mi dipinga innante.
 «Figlio» ei dice e l'ascolto «ingrato figlio,
 quest'è d'Italia il regno
25che acquistar ti commise Apollo ed io?
 L'Asia infelice aspetta
 che in un altro terreno
 opra del tuo valor Troia rinasca.
 Tu 'l promettesti, io nel momento estremo
30del viver mio la tua promessa intesi,
 allor che ti piegasti
 a baciar questa destra e mel giurasti.
 E tu fra tanto ingrato
 alla patria, a te stesso, al genitore
35qui nell'ozio ti perdi e nell'amore?
 Sorgi, de' legni tuoi
 tronca il canape reo, sciogli le sarte».
 Mi guarda poi con torvo ciglio e parte.
 SELENE
 Gelo d'orror. (Dal fondo della scena comparisce Didone con seguito)
 OSMIDA
                            (Quasi felice io sono;
40se parte Enea manca un rivale al trono).
 SELENE
 Se abandoni il tuo bene
 morrà Didone (e non vivrà Selene).
 OSMIDA
 La reina s'appressa.
 ENEA
 (Che mai dirò!)
 SELENE
                                (Non posso
45scoprire il mio tormento!)
 ENEA
 (Difenditi mio core, ecco il cimento).
 
 SCENA II
 
 DIDONE con seguito e detti
 
 DIDONE
 Enea d'Asia splendore,
 di Citerea soave cura e mia,
 vedi come a momenti
50del tuo soggiorno altera
 la nascente Cartago alza la fronte.
 Frutto de' miei sudori
 son quegli archi, que' templi e quelle mura.
 Ma de' sudori miei
55l'ornamento più grande Enea tu sei.
 Tu non mi guardi e taci? In questa guisa
 con un freddo silenzio Enea m'accoglie?
 Forse già dal tuo core
 di me l'imago ha cancellata amore?
 ENEA
60Didone alla mia mente,
 il giuro a tutti i dei, sempre è presente.
 Né tempo o lontananza
 potrà sparger d'oblio,
 questo ancor giuro ai numi, il foco mio.
 DIDONE
65Che proteste! Io non chiedo
 giuramenti da te; perch'io ti creda,
 un tuo sguardo mi basta, un tuo sospiro.
 ENEA
 Se brami il tuo riposo
 pensa alla tua grandezza,
70a me più non pensar.
 DIDONE
                                          Che a te non pensi?
 Io che per te sol vivo, io che non godo
 i miei giorni felici
 se un momento mi lasci?
 ENEA
                                                Oh dio, che dici.
 E qual tempo scegliesti! Ah troppo troppo
75generosa tu sei per un ingrato.
 DIDONE
 Ingrato Enea! Perché? Dunque noiosa
 ti sarà la mia fiamma.
 ENEA
                                           Anzi giammai
 con maggior tenerezza io non t'amai.
 Ma...
 DIDONE
             Che.
 ENEA
                        La patria... Il cielo...
 DIDONE
 
80   Parla.
 
 ENEA
 
                 Dovrei... Ma no...
 L'amor... oh dio, la fé...
 Ah che parlar non so. (Ad Osmida)
 Spiegalo tu per me. (Parte)
 
 SCENA III
 
 DIDONE, SELENE e OSMIDA
 
 DIDONE
 Parte così, così mi lascia Enea?
85Che vuol dir quel silenzio? In che son rea?
 SELENE
 Ei pensa abandonarti.
 Contrastano quel core,
 né so chi vincerà, gloria ed amore.
 DIDONE
 È gloria abandonarmi?
 OSMIDA
90(Si deluda). Regina
 il cor d'Enea non penetrò Selene.
 Ei disse, è ver, che il suo dover lo sprona
 a lasciar queste sponde
 ma col dover la gelosia nasconde.
 DIDONE
95Come?
 OSMIDA
                 Fra pochi istanti
 dalla regia de' Mori
 qui giunger dee l'ambasciador Arbace.
 DIDONE
 Che perciò?
 OSMIDA
                         Le tue nozze
 chiederà il re superbo e teme Enea
100che tu ceda a la forza e a lui ti doni,
 perciò così partendo
 fugge il dolor di rimirarti.
 DIDONE
                                                  Intendo.
 S'inganna Enea ma piace
 l'inganno all'alma mia.
105So che nel nostro core
 sempre la gelosia figlia è d'amore.
 SELENE
 Anch'io lo so.
 DIDONE
                           Ma non lo sai per prova.
 OSMIDA
 (Così contro un rival l'altro mi giova).
 DIDONE
 Vanne amata germana,
110dal cor d'Enea sgombra i sospetti e digli
 che a lui non mi torrà se non la morte.
 SELENE
 (A questo ancor tu mi condanni o sorte). (Parte)
 
 SCENA IV
 
 DIDONE e OSMIDA
 
 DIDONE
 Venga Arbace qual vuole,
 supplice o minaccioso ei viene invano.
115In faccia a lui pria che tramonti il sole
 ad Enea mi vedrà porger la mano.
 Solo quel cor mi piace.
 Sappialo Iarba.
 OSMIDA
                               Ecco s'appressa Arbace.
 
 SCENA V
 
 IARBA sotto nome d’Arbace ed ARASPE con seguito di mori, comparse, che portano doni per presentare alla regina, e detti
 
  Mentre Didone servita da Osmida va sul trono fra loro non intesi dalla medesima dicono:
 
 ARASPE
 Vedi mio re...
 IARBA
                            T'accheta.
120Fin che dura l'inganno
 chiamami Arbace e non pensare al trono,
 per ora io non son Iarba e re non sono.
 Didone, il re de' Mori
 a te de' cenni suoi
125me suo fedele apportator destina.
 Io te l'offro qual vuoi,
 tuo sostegno in un punto o tua ruina.
 Queste che miri intanto
 spoglie, gemme, tesori, uomini e fere
130che l'Africa soggetta a lui produce
 pegni di sua grandezza in don t'invia.
 Nel dono impara il donator qual sia.
 DIDONE
 Mentr'io n'accetto il dono
 larga mercede il tuo signor riceve;
135ma s'ei non è più saggio
 quel ch'ora è don può divenire omaggio.
 (Come altero è costui). Siedi e favella.
 ARASPE
 (Qual ti sembra o signor?)
 IARBA
                                                   (Superba e bella).
 Ti rammenta o Didone
140qual da Tiro venisti e qual ti trasse
 disperato consiglio a questo lido,
 del tuo germano infido
 alle barbare voglie, al genio avaro
 ti fu l'Africa sol schermo e riparo.
145Fu questo ove s'inalza
 la superba Cartago ampio terreno
 dono del mio signor e fu...
 DIDONE
                                                  Col dono
 la vendita confondi...
 IARBA
 Lascia pria ch'io favelli e poi rispondi.
 DIDONE
150(Che ardir!)
 OSMIDA
                          (Soffri).
 IARBA
                                            Cortese
 Iarba il mio re le nozze tue richiese.
 Tu ricusasti, ei ne soffrì l'oltraggio
 perché giurasti allora
 che al cener di Sicheo fede serbavi.
155Or sa l'Africa tutta
 che dall'Asia distrutta Enea qui venne,
 sa che tu l'accogliesti e sa che l'ami.
 Né soffrirà che venga
 a contrastar gli amori
160un avvanzo di Troia al re di Mori.
 DIDONE
 E gli amori e gli sdegni
 fian del pari infecondi.
 IARBA
 Lascia pria ch'io finisca e poi rispondi.
 Generoso il mio re di guerra invece
165t'offre pace, se vuoi.
 E in ammenda del fallo
 brama gli affetti tuoi, chiede il tuo letto,
 vuol la testa d'Enea.
 DIDONE
                                       Dicesti?
 IARBA
                                                         Ho detto.
 DIDONE
 Dalla regia di Tiro
170io venni a queste arene
 libertade cercando e non catene.
 Prezzo de' miei tesori
 e non già del tuo re Cartago è dono.
 La mia destra, il mio core
175quando a Iarba negai
 d'esser fida allo sposo allor pensai;
 or più quella non son...
 IARBA
                                            Se non sei quella...
 DIDONE
 Lascia pria ch'io risponda e poi favella.
 Or più quella non son; variano i saggi
180a seconda de' casi i lor pensieri.
 Enea piace al mio cor, giova al mio trono
 e mio sposo sarà.
 IARBA
                                  Ma la sua testa...
 DIDONE
 Non è facil trionfo; anzi potrebbe
 costar molti sudori
185quest'avanzo di Troia al re de' Mori.
 IARBA
 Se il mio signore irriti
 verranno a farti guerra
 quanti Getuli e quanti
 Numidi e Garamanti Africa serra.
 DIDONE
190Pur che sia meco Enea non mi confondo.
 Vengano a questi lidi
 Garamanti, Numidi, Affrica, il mondo.
 IARBA
 Dunque dirò...
 DIDONE
                              Dirai
 che delle sue follie mi rido assai.
 IARBA
195E risponde così femina imbelle,
 esule, fuggitiva, inerme e sola
 a chi governa ad un girar di ciglio
 l'ampio suol che divide
 dai termini d'Alcide il mar vermiglio?
 DIDONE
200Sì temerario. Al folle
 possessore infelice
 d'orridi mostri e d'infeconde arene,
 la gran donna di Tiro
 vedova di Sicheo, che ardita scorse
205tante terre e tant'onde,
 una regina e forse
 la consorte d'Enea così risponde.
 IARBA
 Al tuo misero stato
 pensa meglio o Didone.
 DIDONE
                                              Ho già pensato.
 
210   Son regina e sono amante
 e l'impero io sola voglio
 del mio soglio e del mio cor.
 
    Torna, audace, al tuo regnante
 e a quel barbaro dirai
215che l'odiai, che l'odio ancor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 IARBA, OSMIDA ed ARASPE
 
 IARBA
 Araspe alla vendetta. (In atto di partire)
 ARASPE
 Mi son scorta i tuoi passi.
 OSMIDA
                                                 Arbace aspetta.
 IARBA
 (Da me che bramerà?)
 OSMIDA
                                             Posso a mia voglia
 libero favellar?
 IARBA
                               Parla.
 OSMIDA
                                            Se vuoi
220io m'offro a' sdegni tuoi compagno e guida.
 Didone in me confida,
 Enea mi crede amico e pendon l'armi
 tutte dal cenno mio. Molto potrei
 a' tuoi disegni agevolar la strada.
 IARBA
225Ma tu chi sei?
 OSMIDA
                             Seguace
 della tiria regina Osmida io sono.
 In Cipro ebbi la cuna
 e il mio core è maggior di mia fortuna.
 IARBA
 L'offerta accetto e se fedel sarai
230tutto in mercé ciò che domandi avrai.
 OSMIDA
 Sia del tuo re Didone, a me si ceda
 di Cartago l'impero.
 IARBA
                                        Io tel prometto.
 OSMIDA
 Ma chi sa se consente
 il tuo signore alla richiesta audace.
 IARBA
235Promette il re, quando promette Arbace.
 OSMIDA
 Dunque...
 IARBA
                      Ogn'atto innocente
 qui sospetto esser può; serba i consigli
 a più sicuro loco e più nascoso.
 Fidati. Osmida è re, se Iarba è sposo.
 OSMIDA
 
240   Tu mi scorgi al gran disegno
 e al tuo sdegno, al tuo desio
 l'ardir mio ti scorgerà.
 
    Così rende il fiumicello
 mentre lento il prato ingombra
245alimento all'arboscello
 e per l'ombra umor gli dà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 IARBA, ARASPE
 
 IARBA
 Quant'è stolto se crede
 ch'io gl'abbia a serbar fede.
 ARASPE
 Il promettesti a lui.
 IARBA
250Non merta fé chi non la serba altrui.
 Ma vanne amato Araspe,
 vanne, le mie vendette
 un tuo colpo assicuri; Enea s'uccida.
 ARASPE
 Vado e sarà fra poco
255del suo, del mio valore
 in aperta tenzone arbitro il fato.
 IARBA
 No, t'arresta. Io non voglio
 che al caso si commetta
 l'onor tuo, l'odio mio, la mia vendetta.
260Improviso l'assali, usa la frode.
 ARASPE
 Da me frode! Signor suddito io nacqui
 ma non già traditor. Dimmi ch'io vada
 nudo in mezzo agl'incendi, incontro all'armi,
 tutto farò. Tu sei
265signor della mia vita; in tua difesa
 non ricuso cimento.
 Ma da me non si chiede un tradimento.
 IARBA
 Sensi d'alma volgare, a me non manca
 braccio del tuo più fido.
 ARASPE
                                              E come, o dei,
270la tua virtute...
 IARBA
                              Eh che virtù. Nel mondo
 o virtù non si trova
 o è sol virtù quel che diletta e giova.
 
    Tra lo splendor del trono
 belle le colpe sono,
275perde l'orror l'inganno,
 tutto si fa virtù.
 
    Fuggir con frode il danno
 può dubitar se lice
 quell'anima infelice
280che nacque in servitù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ARASPE
 
 ARASPE
 Empio! L'orror che porta
 il rimorso d'un fallo anche felice,
 la pace fra' disastri
 che produce virtù come non senti!
285O sostegno del mondo,
 degli uomini ornamento e degli dei,
 bella virtude il mio piacer tu sei.
 
    Se dalle stelle tu non sei guida
 fra le procelle dell'onda infida
290mai per quest'alma calma non v'è.
 
    Tu m'assicuri ne' miei perigli,
 nelle sventure tu mi consigli
 e sol contento sento per te. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Cortile.
 
 SELENE, ENEA
 
 ENEA
 Già tel dissi, o Selene,
295male interpreta Osmida i sensi miei.
 SELENE
 Sia qual vuoi la cagione
 che ti sforza a partir, per pochi istanti
 t'arresta almeno e di Nettuno al tempio
 vanne. La mia germana
300vuol colà favellarti.
 ENEA
 Sarà pena l'indugio.
 SELENE
                                        Odila e parti.
 ENEA
 Ed a colei che adoro
 darò l'ultimo addio?
 SELENE
                                        (Taccio e non moro).
 ENEA
 Piange Selene!
 SELENE
                              E come
305quando parli così non vuoi ch'io pianga?
 ENEA
 Lascia di sospirar. Sola Didone
 ha ragion di lagnarsi al partir mio.
 SELENE
 Abbiam l'istesso cor Didone ed io.
 ENEA
 Tanto per lei ti affliggi?
 SELENE
310Ella in me così vive,
 io così vivo in lei
 che tutti i mali suoi son mali miei.
 
 SCENA X
 
 IARBA, ARASPE e detti
 
 IARBA
 Tutta ho scorsa la regia
 cercando Enea. Né ancor m'incontro in lui.
 ARASPE
315Forse quindi partì.
 IARBA
                                      Fosse costui? (Vedendo Enea)
 Africano alle vesti ei non mi sembra.
 Stranier dimmi, chi sei?... (Ad Enea)
 ARASPE
 (Quanto piace quel volto agl'occhi miei). (Vedendo Selene)
 ENEA
 Troppo bella Selene...
 IARBA
                                          Olà non odi? (Ad Enea)
 ENEA
320Troppo ad altri pietosa...
 SELENE
 Che superbo parlar!
 ARASPE
                                        (Quanto è vezzosa!)
 IARBA
 O palesa il tuo nome o ch'io... (Ad Enea)
 ENEA
                                                         Qual dritto
 hai tu di domandarne? A te che giova?
 IARBA
 Ragione è il piacer mio.
 ENEA
                                              Fra noi non s'usa
325di risponder a stolti.
 IARBA
                                        A questo acciaro... (Vuol por mano alla spada e Selene lo ferma)
 SELENE
 Sugli occhi di Selene,
 nella regia di Dido un tanto ardire? (A Iarba)
 IARBA
 Di Iarba al messaggiero
 sì poco di rispetto?
 SELENE
                                      Il folle orgoglio
330la regina saprà.
 IARBA
                               Sappialo. Intanto
 mi vegga ad onta sua troncar quel capo
 e a quel d'Enea congiunto
 dell'offeso mio re portarlo a' piedi.
 ENEA
 Difficile sarà più che non credi.
 IARBA
335Tu potrai contrastarlo? O quell'Enea
 che per glorie racconta
 tante perdite sue?
 ENEA
                                    Cedono assai
 in confronto di glorie
 alle perdite sue le tue vittorie.
 IARBA
340Ma tu chi sei che tanto
 meco per lui contrasti?
 ENEA
 Son un che non ti teme e ciò ti basti.
 
    Quando saprai chi sono
 sì fiero non sarai
345né parlerai così.
 
    Brama lasciar le sponde
 quel passaggiero ardente,
 fra l'onde poi si pente
 se ad onta del nocchiero
350dal lido si partì. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 SELENE, IARBA ed ARASPE
 
 IARBA
 Non partirà se pria...
 SELENE
                                         Da lui che brami?
 IARBA
 Il suo nome.
 SELENE
                          Il suo nome
 senza tanto furor da me saprai.
 IARBA
 A questa legge io resto.
 SELENE
355Quell'Enea che tu cerchi appunto è questo.
 IARBA
 Ah m'involasti un colpo
 che al mio braccio offeriva il ciel cortese.
 SELENE
 Ma perché tanto sdegno, in che t'offese?
 IARBA
 Gli affetti di Didone
360al mio signor contende,
 t'è noto e mi domandi in che m'offende?
 SELENE
 Arbace, a quel ch'io veggio
 nella scuola d'amor sei rozzo ancora.
 Un cor che s'innamora
365non sceglie a suo piacer l'oggetto amato.
 Onde nessuno offende
 quando in amor contende o allor che niega
 corrispondenza altrui. Non è bellezza,
 non è senno o valore
370che in noi risveglia amore; anzi talora
 il men vago, il più stolto è che s'adora.
 Bella ciascuno poi finge al pensiero
 la fiamma sua ma poche volte è vero.
 
    Ogni amator suppone
375che della sua ferita
 sia la beltà cagione
 ma la beltà non è.
 
    È un bel desio che nasce
 allor che men s'aspetta,
380si sente che diletta
 ma non si sa perché. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 IARBA, ARASPE, poi OSMIDA
 
 IARBA
 Non è più tempo Araspe
 di celarmi così. Troppa finora
 sofferenza mi costa.
 ARASPE
                                       E che farai?
 IARBA
385I miei guerrier, che nella selva ascosi
 quindi non lungi al mio venir lasciai,
 chiamerò nella regia,
 distruggerò Cartago e l'empio core
 all'indegno rival trarrò...
 OSMIDA
                                               Signore.
390Già di Nettuno al tempio
 la reina s'invia; sugli occhi tuoi
 al superbo troiano
 se tardi a riparar porge la mano.
 IARBA
 Tanto ardir?
 OSMIDA
                          Non è tempo
395d'inutili querele.
 IARBA
                                  E qual consiglio?
 OSMIDA
 Il più pronto è il migliore. Io ti precedo;
 ardisci. Ad ogni impresa
 io sarò tuo sostegno e tua difesa. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 IARBA e ARASPE
 
 ARASPE
 Dove corri o signore?
 IARBA
400Il rivale a svenar.
 ARASPE
                                   Come lo speri?
 Ancora i tuoi guerrieri
 il tuo voler non sanno.
 IARBA
 Dove forza non val giunga l'inganno.
 ARASPE
 E vuoi la tua vendetta
405con la taccia comprar di traditore?
 IARBA
 Araspe, il mio favore
 troppo ardito ti fe'. Tanta baldanza
 sai che punir potrei.
 Chi son io ti rammenta e chi tu sei.
 ARASPE
 
410   Infelice e sventurato
 potrà farmi il tuo rigore
 ma infedel, ma traditore
 l'ira tua non mi farà.
 
    La mia fede e l'onor mio
415pur fra l'onde dell'oblio
 agl'Elisi passerà. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 IARBA
 
 IARBA
 La mia giusta vendetta
 chi raffrenar pretende
 mi fa più fiero e più crudel mi rende.
 
420   Son quel fiume che gonfio d'umori
 quando il gielo si scioglie in torrenti
 selve, armenti capanne e pastori
 porta seco e ritegno non ha.
 
    Se si vede fra gli argini stretto
425sdegna il letto, confonde le sponde
 e superbo fremendo sen va. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Tempio di Nettuno con simulacro del medesimo.
 
 ENEA, OSMIDA
 
 OSMIDA
 Come? Da' labri tuoi
 Dido saprà che abbandonar la vuoi?
 Benché costante, io spero
430che al pianto suo tu cangerai pensiero.
 ENEA
 Può togliermi di vita
 ma non può il mio dolore
 far ch'io manchi alla patria e al genitore.
 OSMIDA
 Oh generosi detti!
435Vincere i propri affetti
 avvanza ogn'altra gloria.
 ENEA
 Quanto costa però questa vittoria.
 
 SCENA XVI
 
 IARBA, ARASPE e detti
 
 IARBA
 Ecco il rival né seco
 è alcun de' suoi seguaci.
 ARASPE
440Ah pensa che tu sei...
 IARBA
                                         Sieguimi e taci.
 Così gli oltraggi miei... (In atto di ferir Enea Araspe lo trattiene)
 ARASPE
                                             Fermati.
 IARBA
                                                                Indegno, (Gli cade il pugnale ed Araspe lo raccoglie)
 al nemico in aiuto?
 ENEA
 Che tenti anima rea? (Ad Araspe in mano di cui voltandosi vede il pugnale)
 OSMIDA
                                           (Tutto è perduto).
 
 SCENA XVII
 
 DIDONE con guardie e detti
 
 OSMIDA
 Siam traditi o regina.
445Se più tarda d'Arbace era l'aita,
 il valoroso Enea
 sotto colpo inumano oggi cadea.
 DIDONE
 Il traditor qual è? Dove dimora?
 OSMIDA
 Miralo, nella destra ha il ferro ancora.
 DIDONE
450Chi ti destò nel seno (Ad Araspe)
 sì barbaro desio.
 ARASPE
 Del mio signor la gloria e il dover mio.
 OSMIDA
 Come? L'istesso Arbace
 disapprova...
 ARASPE
                           Lo so ch'ei mi condanna,
455il suo sdegno pavento
 ma il mio non fu delitto e non mi pento.
 DIDONE
 Custodite colui. Non hai rossore
 del sacrilego eccesso?
 ARASPE
 Tornerei mille volte a far l'istesso. (Parte con guardie)
 ENEA
460Generoso nemico (A Iarba)
 in te tanta virtude io non credea.
 Lascia che a questo sen... (Va per abbracciar Iarba)
 IARBA
                                                 Scostati Enea.
 Sappi che il viver tuo d'Araspe è dono,
 che il tuo sangue vogl'io, che Iarba io sono.
 DIDONE
465Tu Iarba!
 ENEA
                     Il re de' Mori!
 DIDONE
 Un re sensi sì rei
 non chiude in seno, un mentitor tu sei.
 Si disarmi.
 IARBA
                        Nessuno (Snuda la spada)
 avvicinarsi ardisca o ch'io lo sveno.
 DIDONE
470Olà, che più s'aspetta?
 O si renda o trafitto a' piè mi cada.
 OSMIDA
 (Serbati alla vendetta). (A Iarba)
 IARBA
                                              Ecco la spada. (Getta la spada e parte)
 DIDONE
 Frenar l'alma orgogliosa
 tua cura sia. (Ad Osmida)
 OSMIDA
                           Su la mia fé riposa. (Parte con guardie)
 
 SCENA XVIII
 
 DIDONE, ENEA
 
 DIDONE
475Enea, salvo già sei
 dalla crudel ferita.
 Per me serban gli dei sì bella vita.
 ENEA
 Oh dio regina.
 DIDONE
                              Ancora
 forse della mia fede incerto stai?
 ENEA
480No; più funeste assai
 son le sventure mie. Vuole il destino...
 DIDONE
 Chiari i tuoi sensi esponi.
 ENEA
 Vuol (mi sento morir) ch'io t'abbandoni.
 DIDONE
 M'abbandoni! Perché?
 ENEA
                                            Di Giove il cenno,
485l'ombra del genitor, la patria, il cielo,
 la promessa, il dover, l'onor, la fama
 alle sponde d'Italia oggi mi chiama.
 La mia lunga dimora
 purtroppo degli dei mosse lo sdegno.
 DIDONE
490E così fin ad ora
 perfido mi celasti il tuo disegno?
 ENEA
 Fu pietà...
 DIDONE
                      Che pietà. Mendace il labro
 fedeltà mi giurava
 e intanto il cor pensava
495come lunge da me volgere il piede.
 A chi misera me darò più fede!
 Vil rifiuto dell'onde
 io l'accolgo dal lido, io lo ristoro
 dall'ingiurie del mar, le navi e l'armi
500già disperse io gli rendo e gli do loco
 nel mio cor, nel mio regno e questo è poco.
 Di cento re per lui
 ricusando gli amori i sdegni irrito.
 Ecco poi la mercede.
505A chi misera me darò più fede!
 ENEA
 Finch'io viva, o Didone,
 dolce memoria al mio pensier sarai.
 Né partirei giammai,
 se per voler de' numi io non dovessi
510consagrare il mio affanno
 all'impero latino.
 DIDONE
 Veramente non hanno
 altra cura gli dei che il tuo destino.
 ENEA
 Io resterò, se vuoi
515che si renda spergiuro un infelice.
 DIDONE
 No, sarei debitrice
 dell'impero del mondo a' figli tuoi.
 Va' pur, siegui il tuo fato,
 cerca d'Italia il regno, all'onde, ai venti
520confida pur la speme tua. Ma senti;
 farà quell'onde istesse
 delle vendette mie ministre il cielo.
 E tardi allor pentito
 d'aver creduto all'elemento insano
525richiamerai la tua Didone invano.
 ENEA
 Se mi vedessi il core...
 DIDONE
 Lasciami traditore.
 ENEA
 Almen dal labro mio
 con volto men irato
530prendi l'ultimo addio.
 DIDONE
                                           Lasciami ingrato.
 ENEA
 E pur a tanto sdegno
 non hai ragion di condannarmi.
 DIDONE
                                                            Indegno.
 
    Non ha ragione ingrato
 un core abbandonato
535da chi giurogli fé?
 
    Anime innamorate
 se lo provaste mai
 ditelo voi per me.
 
    Perfido tu lo sai
540se in premio un tradimento
 io meritai da te.
 
    E qual sarà tormento
 anime innamorate
 se questo mio non è. (Parte)
 
 SCENA XIX
 
 ENEA
 
 ENEA
545E soffrirò che sia
 sì barbara mercede
 premio della tua fede anima mia?
 Tanto amor, tanti doni...
 Ah, pria che t'abandoni,
550pera l'Italia, il mondo,
 resti in oblio profondo
 la mia fama sepolta,
 vada in cenere Troia un'altra volta.
 Ah che dissi! Alle mie
555amorose follie
 gran genitor perdona, io n'ho rossore,
 non fu Enea che parlò, lo disse amore.
 Si parta. E l'empio moro
 stringerà il mio tesoro?
560No... Ma sarà frattanto
 al proprio genitor spergiuro il figlio?
 Padre, amor, gelosia, numi consiglio.
 
    Se resto sul lido,
 se sciolgo le vele,
565infido, crudele
 mi sento chiamar.
 
    E intanto confuso
 nel dubbio funesto,
 non parto, non resto;
570ma provo il martire
 ch'avrei nel partire,
 ch'avrei nel restar.
 
 Fine dell’atto primo